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Global Waste - La società degli sprechi

Titolo orginale: Global gâchis - Le scandale mondial du gaspillage alimentaire
Autore: Maha Kharrat, Olivier Lemaire, Tristram Stuart
Produzione: CAPA, CANAL+, PLANETE+ (2011)
Durata: 54'
Deauville Green Awards 2013: Miglior Documentario nella sezione Agricoltura ed Economia Verde

Metà del cibo prodotto nei paesi industrializzati finisce nella spazzatura: una quantità che potrebbe sfamare il miliardo di persone che nel mondo soffre la fame.

Questa inchiesta realizzata dalla prestigiosa agenzia francese CAPA, è girata in Europa, Costa Rica, Pakistan, USA e Giappone e mostra il ciclo dello spreco alimentare e alcune soluzioni innovative ed efficienti per combatterlo.

Lo spreco alimentare che avviene nei paesi industrializzati, oltre ad essere eticamente discutibile e ad avere un devastante impatto sull’ambiente - dalla deforestazione all’emissione di gas serra, dall’inquinamento allo sfruttamento delle risorse idriche - è anche economicamente irrazionale perché finiscono in pattumiera centinaia di miliardi di euro ogni anno.

I numeri snocciolati sono impressionanti, come i 16 milioni di tonnellate di cibo - molto spesso ancora commestibile - che ogni anno vengono gettate nella sola Gran Bretagna, o gli imponenti quantitativi di carne frutta verdura e pane, corrispondenti a 100 miliardi di euro, che finiscono annualmente nella spazzatura negli Stati Uniti.

In Ecuador, il maggior produttore del frutto più consumato al mondo - la banana - il reporter Tristram Stuart scopre come basti un semplice graffio perché la merce venga scartata, per finire in pasto agli animali: si tratta del 15% della produzione. Ma il peggio avviene dopo, quando le banane attraversano l’oceano per raggiungere gli scaffali dei supermercati occidentali: solo il 50% finirà nelle nostre pance, il resto andrà nella spazzatura.

In Francia, le stime del direttore di un supermercato, che agisce in base a normative sanitarie ma anche alle richieste di una clientela molto esigente, sono impietose: si calcola che lo spreco alimentare dei soli ipermercati equivalga a circa 1 miliardo di euro l’anno, sei volte il budget delle associazioni che riforniscono le mense dei poveri. E gli scarti di cibo non possono neanche essere dati ai maiali, perché la legge non lo consente.

Non mancano però segnali di un’inversione di tendenza.

Negli Stati Uniti associazioni come la “City Harvest” di New York, recuperano per le mense dei poveri le forme imperfette di pane rifiutate dagli alberghi e i pasti in eccesso e non consumati provenienti dai ristoranti, anche da quelli stellati. Nelle campagne, l’organizzazione religiosa “Harvest of Hope Foudation” raccoglie invece immense quantità di frutta e verdura che non possono essere vendute dalle aziende agricole perché troppo mature, come i pomodori che MacDonald e supermercati vogliono assolutamente verdi: 8mila tonnellate di prodotti ottimi che ogni giorno altrimenti verrebbero buttate.

Il modello da seguire potrebbe essere quello del Giappone, paese che ha fatto di necessità virtù, dovendo importare il 60% del fabbisogno alimentare. Grazie ad una legislazione ad hoc e ad imprese specializzate, qui non si butta nulla o quasi: dagli avanzi di ristoranti e supermercati si crea “compost” con cui si producono ortaggi “ecologici” o mangimi per animali che costano la metà di quelli industriali pur essendo molto migliori, tanto che la carne prodotta, che è “green”, può essere venduta a prezzi superiori e andare comunque a ruba. Insomma vincono tutti, anche l’ambiente.

Anche in Inghilterra cominciano a farsi strada modelli virtuosi di riutilizzo alimentare.

Il 18 novembre 2011, in Trafalgar Square, il sindaco di Londra ha servito a cinquemila persone un pasto gratuito interamente realizzato con alimenti destinati al macero, un evento clamoroso che ha deliziato una folla entusiasta e scatenato un serio dibattito sul problema.

GLOBAL WASTE è stato trasmesso in Francia in prima serata su CANAL+ che per l’occasione ha organizzato un evento speciale comprendente anche un banchetto anti-spreco per 5.000 persone a Parigi, nella piazza dell’Hôtel de Ville.


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