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Petrolio: il punto di non ritorno

Titolo orginale: Tipping Point: The End of Oil
Autore: Niobe Thompson, Tom Radford
Produzione: Tipping Point Documentary Inc., CBC, Mediamente (2011)
Durata: 91'
BANFF World Media Awards 2011
Gemini Awards 2011
Reykjavik International Film Festival 2011

Come in “Avatar”, questo spettacolare documentario, che vede James Cameron tra i protagonisti, racconta la battaglia di una comunità di nativi per difendere la loro terra... e il pianeta su cui viviamo.
In Canada, infatti, le foreste di una vasta zona della provincia dell’Alberta stanno scomparendo a causa dello sfruttamento estensivo del suolo bituminoso per l’estrazione di petrolio, con conseguenze devastanti per l’ambiente, per la salute e per l’intero pianeta: questi particolari procedimenti estrattivi producono un barile e mezzo di rifiuti per ogni barile di petrolio e generano emissioni di CO2 tre volte superiori a quelle derivanti dai pozzi petroliferi del Texas o dell’Arabia Saudita.
Si tratta di uno dei maggiori disastri ambientali degli ultimi anni: un’area grande come la Grecia è ora coperta da ciminiere, asfalto, bitume e fumi di scarico. Mentre i membri della comunità locale di nativi, la popolazione dei Dene, si ammalano di cancro con un tasso superiore del 30% alla media nazionale, muoiono come mosche e vedono scomparire le loro fonti di sussistenza: le riserve naturali in cui esercitano, in modo tradizionale, la caccia e la pesca.
Grazie al petrolio estratto dalle sabbie bituminose, il Canada è però diventato il primo fornitore di greggio degli USA, per un importo di 20 miliardi di dollari all’anno e con una produzione che verrà incrementata in modo esponenziale.
Considerati il prossimo esaurimento dei giacimenti tradizionali, gli incerti rapporti con i paesi del Medio Oriente e le difficoltà e i rischi legati alle trivellazioni in mare, rifornirsi di petrolio da uno Stato vicino ed alleato è diventato strategico per il primo consumatore di oro nero al mondo.
Trasmesso da molte tv pubbliche internazionali, questo pluripremiato documentario realizzato da Niobe Thompson e Tom Radford, specializzati in film naturalistici, racconta con immagini spettacolari un’epica lotta di Davide contro Golia.
François Paulette, un fiero e leggendario leader della confederazione locale di nativi americani, John O'Connor, un medico di base, e David Schindler, scienziato di fama mondiale esperto nello studio delle acque continentali, conducono un’instancabile battaglia per salvaguardare le risorse naturali e per mettere le istituzioni pubbliche di fronte alle proprie responsabilità nei confronti dei cittadini e del territorio.
James Cameron, il famoso regista hollywoodiano di origini franco-canadesi, non solo trarrà ispirazione anche da queste vicende per il film Avatar, ma sosterrà attivamente questa battaglia civile e ambientale.
Partendo da Fort Chipewyan, cittadina nel cuore dell’Alberta sulle rive del lago Athabasca popolato da pesci deformi, François Paulette approda alla Conferenza ONU di Copenhagen sui cambiamenti climatici, riesce a conquistare il sostegno di numerose associazioni ambientaliste internazionali e di migliaia di attivisti e ad arrivare al quartier generale della norvegese Statoil.
Nel frattempo le ricerche scientifiche indipendenti coordinate dal prof. Schindler e capitanate dall’indomita dr.ssa Erin Kelly, esperta in inquinamento idrico, riusciranno a dimostrare ufficialmente la correlazione tra l’alto tasso di malattie tumorali e i procedimenti estrattivi del petrolio dalle sabbie bituminose, documentando anche la presenza di arsenico ed altri veleni nelle acque dei fiumi e dei laghi circostanti.
L’industria petrolifera delle sabbie bituminose però non si ferma: si stima che la produzione verrà triplicata entro il 2020, mentre il progetto per la costruzione del controverso oleodotto “Keystone XL”, destinato ad alimentare le raffinerie del Texas con il bitume dell’Alberta, continua ad avanzare.
Inoltre nel dicembre 2011 il Canada si è ritirato dal Protocollo di Kyoto, pur essendone stato uno dei maggiori promotori.
La questione assume una dimensione globale se si pensa che il Canada ha finora ha sfruttato solo il 2% delle riserve di sabbia bituminosa, ed è già tra i principali paesi responsabili delle emissioni di CO2 nell’atmosfera del pianeta.
Gli scienziati lanciano l’allarme: se non si transita al più presto verso altre forme di energia raggiungeremo presto il “punto di non ritorno”. Sommando gli effetti sull’ambiente dell’industria petrolifera canadese a quelli del fracking statunitense, potremmo a breve riuscire a “cuocere il pianeta”...


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